Tutela di interessi diffusi

L’art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che il diritto di accesso debba essere riconosciuto a «tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

La giurisprudenza ha più volte avuto modo di affermare che «sussiste il diritto dell’organizzazione sindacale ad esercitare il diritto di accesso per la cognizione di documenti che possano coinvolgere sia le prerogative del Sindacato quale istituzione esponenziale di una determinata categoria di lavoratori, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui interesse e rappresentanza opera l’associazione» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 febbraio 2012, n. 134; id. 11 gennaio 2010, n. 24). Le organizzazioni sindacali sono pertanto legittimate ad agire oltre che a tutela degli interessi delle organizzazioni stesse, anche degli interessi giuridicamente rilevanti degli appartenenti alla categoria rappresentata.

Per costante orientamento giurisprudenziale, il collegamento tra l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che fa istanza di accesso e la documentazione richiesta deve essere «genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse», in quanto l’accesso non è configurato dal legislatore con carattere strettamente funzionale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, ed ha una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale, o dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che l’interessato potrebbe o meno proporre una volta conosciuti gli atti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 13 gennaio 2012, n. 116; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 febbraio 2010 n. 1067)

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