Diritto d’accesso dei consiglieri comunali agli atti di una società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, affidataria di alcun servizi pubblici locali

Accessibilità

Il diritto d'accesso dei consiglieri comunali si estende anche agli atti formati o stabilmente detenuti da tutte le aziende o enti partecipati dal comune, non richiedendosi che le stesse integrino la figura dell'in house providing. Non esiste, infatti, una norma di copertura secondo la quale il diritto d'accesso di questi soggetti può estendersi solo alle aziende comunali riconducibili all'alveo del'in house providing. Nessuna norma di legge o principio costituzionale abilita l'interprete ad operare una simile discriminazione, che oltre a non essere consentita dal legge a non rinvenire supporti ne diritto positivo, infrange de plano anche i canoni ermeneutici di scaturigine costituzionale, quali promananti dagli artt. 24 , 3 e 113 della Costituzione. Al riguardo, inoltre, non può trascurarsi che la ratio dell'estensione del diritto d'accesso dei consiglieri, operata dall'art. 43 del TUEL anche nei confronti delle aziende o enti dipendenti del Comune, risiede nel fatto che tali aziende ed enti dipendenti sono quelli che gestiscono pubblici servizi locali. Il legislatore ha cioè inteso individuare quali soggetti passivi del diritto di accesso dei rappresentanti della popolazione locale, gli enti o aziende dipendenti che gestiscano servizi pubblici locali per il Comune. La figura della società in house, quindi, è solo uno dei possibili soggetti legittimati passivi della richiesta e del diritto di accesso dei consiglieri, non esaurendo certo il novero di tutti i legittimati passivi, poiché tale figura non esaurisce il novero delle società partecipate dall'Ente locale che possono gestire i servizi pubblici locali. Il Tribunale è quindi del parere che il proprium che contrassegna le aziende o enti dipendenti del Comune, di cui all'art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 ai fini dell'assoggettamento al diritto di accesso dei consiglieri comunali, è da individuare nell'essere l'azienda o l'ente affidatario della gestione di un pubblico servizio locale, dovendosi includere nel novero di tali enti o aziende dipendenti, nei cui confronti il consigliere comunale vanta il diritto di accedere a tutti agli atti e informazioni utili all'espletamento del suo mandato, anche le società partecipate dal Comune o dalla Provincia in misura maggioritaria e che gestiscano servizi pubblici locali per conto del Comune o della Provincia. In conclusione, risulta evidente che le società partecipate pubbliche, siano esse strumentali agli enti partecipanti o concessionarie o affidatarie di servizi pubblici locali, restano assoggettate alle regole di buona amministrazione imparziale, secondo il principio di legalità, di cui all'art. 97 Cost. e al capo I della legge n. 241 del 1990. Finché questi strumenti societari impiegano soldi pubblici per lo svolgimento di funzioni pubbliche o per l'erogazione di servizi pubblici, non è consentito che il rivestimento formale privatistico possa consentire ad essi di sottrarsi alle regole di trasparenza e di controllabilità che indefettibilmente caratterizzano la funzione e il servizio pubblico ( T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V, 28 gennaio 2010 n. 448).

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