2 febbraio 2011
La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, presieduta dall'Avvocato Generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza, in qualità di Vice Presidente, si è riunita, il 1 febbraio 2011, a Palazzo Chigi.
Nel corso della seduta, sono state esaminate n. 9 richieste di parere e decisi n. 37 ricorsi.
Nell'ambito dell'attività consultiva, si segnalano i seguenti pareri:
- la Commissione ha affermato che è illegittimo da parte di un Comune subordinare il rilascio di copia di documenti attinenti ad una procedura espropriativa al pagamento dei diritti di bollo, imponendo il rilascio di copie necessariamente autenticate. La richiesta dell'Ente comunale appare contraria al dettato normativo vigente. La previsione del rilascio esclusivo di copie autenticate, con pagamento in forma obbligatoria delle marche da bollo, anche quando il soggetto che via abbia interesse chieda copia semplice dei documenti stessi, si pone in netto contrasto con l'art. 25, co.1, legge n. 241/90 secondo cui "l'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura" nonché con la previsione di cui all'art 7 c. 6 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 che prevede: "in ogni caso, la copia dei documenti è rilasciata subordinatamente al pagamento degli importi dovuti ai sensi dell'articolo 25 della legge secondo le modalità determinate dalle singole amministrazioni. Su richiesta dell'interessato, le copie possono essere autenticate". Tali previsioni vanno integrate con le specifiche disposizioni in materia di bollo (ex DPR n. 642/1972), come interpretate dall'Agenzia delle Entrate, la quale ha affermato che l'imposta di bollo non è dovuta qualora oggetto dell'istanza di accesso sia, oltreché l'esame degli atti, anche il rilascio di copie semplici (non conformi) degli stessi (Risoluzione n. 151/E del 5 ottobre 2001);
- è stato riconosciuto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il diritto del consigliere comunale ad accedere alle fatture di una società mista partecipata dal Comune. E' illegittimo il diniego opposto alla richiesta di un consigliere comunale di minoranza volta ad avere copia delle fatture emesse e del bilancio di una società mista a prevalente partecipazione comunale. Il quesito va affrontato e risolto alla luce del disposto contenuto nell'art. 43, comma 2 del TUEL che riconosce al consigliere comunale (e provinciale) il "diritto di ottenere dagli uffici,rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato". La dizione letterale della disposizione richiamata, sulla quale si è formata una giurisprudenza consolidata, non lascia alcun dubbio sul diritto del consigliere comunale (e provinciale) ad accedere, in funzione del proprio munus pubblico, a qualunque documento e/o informazione relativi ad aziende ed enti dipendenti dal Comune (o dalla Provincia), come nel caso di specie di società mista a prevalente capitale pubblico;
- la Commissione ha ritenuto illegittimo il silenzio-rifiuto dell'amministrazione comunale opposto alla richiesta - rivolta dal rappresentante di un condominio - di accesso agli atti, notizie ed informazioni, relativi ad una domanda di rimborso IVA, ai sensi della l. n. 449/1997, art. 12, per interventi di riparazione e miglioramento sismico. Infatti, l'art. 10,comma 2, TUEL assicura al cittadino (e a qualunque altro soggetto giuridico avente residenza nel Comune) il più ampio diritto di accesso ed assicura allo stesso l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure che comunque lo riguardi. Nel caso di specie, pertanto, oltre, al generale diritto di accesso del cittadino agli atti comunali si aggiunge l'interesse diretto del Condominio, rappresentato dal richiedente, a conoscere lo stato della pratica relativa alla domanda di rimborso in questione, rafforzato dalla necessità di attivare le iniziative finalizzate alla tutela dei diritti e dei legittimi interessi dei condomini;
- è stato confermato il principio secondo cui sono pienamente accessibili, da parte di consiglieri comunali, i documenti concernenti imposte e tasse ed, in particolare, le liste dei contribuenti comunali morosi o meno. La Commissione si è già espressa, anche recentemente, in senso positivo riconoscendo sia al cittadino ex art. 10 del TUEL (parere del 16.11.2010), sia, e tanto più, al consigliere comunale ex art. 43 dello stesso TUEL (parere dell'11.01.2011) il diritto di accesso ai documenti suddetti, atteso che la salvaguardia della privacy è recessiva rispetto al diritto del cittadino e, a fortiori del consigliere comunale, di vigilare sulla correttezza dell'azione dell'amministrazione comunale, salvo la responsabilità degli stessi derivante da una diffusione contra legem dei dati acquisiti.
Con riferimento all'attività concernente i ricorsi, si segnalano le seguenti decisioni:
- in tema di accesso endoprocedimentale, la Commissione ha riconosciuto il diritto ad accedere a tutti gli atti e documenti relativi al procedimento di emersione dal lavoro irregolare, ed, in particolare, ai documenti presupposti nell'atto di rigetto dell'istanza di emersione. Il ricorso è stato accolto, in quanto non è apparso dubbio che il procedimento di emersione dal lavoro irregolare sia destinato a incidere nella sfera giuridica del ricorrente; la spettanza del diritto ad accedere ai documenti richiesti, si fonda, dunque, sulla loro natura di atti endoprocedimentali, ai sensi del combinato disposto dell'art. 7, c. 1, e dell'art. 10, c. 1, lett. a), della legge n. 241/90;
- la Commissione ha inoltre accolto il ricorso di un tifoso che aveva presentato richiesta di accesso ai documenti del procedimento a conclusione del quale era stata adottata nei confronti dell'istante la misura del D.A.SPO (divieto di accesso alle manifestazioni sportive). Parte resistente aveva negato l'accesso, comunicando semplicemente che la fase istruttoria del procedimento si era conclusa con conseguente comminazione della misura interdittiva di cui sopra. La Commisione osserva, in primo luogo, che l'impugnato provvedimento nulla dice in merito alla sussistenza di eventuali ragioni ostative all'accesso. Invero, limitarsi a comunicare la conclusione della fase istruttoria del procedimento che ha poi portato all'adozione del D.A.SPO, costituisce profilo assolutamente ininfluente in merito a quanto domandato dall'odierno ricorrente; tanto più che è palese la conoscenza della detta chiusura procedimentale avendo il ricorrente impugnato la misura interdittiva comminatagli. Anche la circostanza, riportata da parte resistente, che il ricorrente aveva già esercitato l'accesso essendogli stato consentito di visionare i video posti a fondamento del procedimento sanzionatorio a suo carico, appare destituita di giuridico fondamento. Ciò in quanto l'esercizio di quell'accesso non preclude che l'istante presenti altra e più ampia domanda ostensiva, questa volta riferita a tutti i documenti formati e detenuti dall'amministrazione a causa del procedimento stesso. D'altronde, trattandosi di accesso endoprocedimentale, regolato dall'art. 10 della legge n. 241 del 90, nessun dubbio sussiste sulla legittimazione del ricorrente alla conoscenza dei documenti richiesti. Per tali motivi la Commissione ha accolto il ricorso;
- la Commissione ha riconosciuto il diritto d'accesso di cittadini stranieri che abbiano presentato istanza di accesso agli atti del procedimento relativo all'ottenimento della cittadinanza italiana, senza ricevere risposta dall'amministrazione nei trenta giorni successivi. Il ricorso è stato ritenuto fondato ed accolto, atteso che l'istanza di accesso concerne documentazione relativa allo stesso richiedente e per la quale, non si scorgono motivi idonei ad escludere il diritto di cui agli articoli 22 e ss. della legge n. 241 del 1990. Infatti, essendo indubbio che un procedimento di concessione della cittadinanza è destinato a incidere nella sfera giuridica del richiedente, la spettanza al ricorrente del diritto ad accedere ai documenti chiesti si fonda sulla loro natura di atti endoprocedimentali, ai sensi del combinato disposto dell'art. 7, c. 1, e dell'art. 10, c. 1, lett. a), della legge n. 241/90.